DONNE E
CIBO: LE AVVELENATRICI NELLA STORIA
Tra donne e cibo esiste un legame
ancestrale e profondo: dall’allattamento materno, fino al lavoro ai fornelli, le
donne sono sempre state considerate le depositarie dei segreti dell’arte
culinaria.
Romanzi, racconti e favole, da sempre specchio della società, ci hanno abituato
ad accostare l’idea del cibo al mondo femminile. E attraverso le immagini di
seduttrici, ammaliatrici e streghe, la letteratura ci ha portati a considerare
il cibo non solo come fonte di sostentamento e vita, ma anche come portatore di
morte e sofferenza. Basti pensare alla fattucchiere delle fiabe, in primis la
strega matrigna che adoperò una mela per avvelenare l’innocente Biancaneve, o la
strega di Hӓnsel e Gretel che utilizzò la golosità dei due fratellini per
poterli imprigionare tra le pareti della sua cucina.
Ed è proprio in cucina, per secoli luogo di reclusione sociale, che nel corso
della storia le donne hanno sperimentato una prima forma di liberazione,
rendendo il cibo uno strumento di seduzione e di vendetta, lenta e subdola.
Nel corso della storia, gli esempi di donne che si
sono servite del cibo come mezzo per attirare nemici, mariti e avversari nella
trappola della morte, non sono di certo pochi. Eccovi alcune curiosità!
I FUNGHI DI LOCUSTA= La prima
testimonianza scritta di legame mortifero tra donne e cibo lo abbiamo
nell’antica Roma dove Locusta, conosciuta come negoziante di filtri d’amore e
veleni di ogni sorta, aiutò Agrippina (madre di Nerone) nell’assassinio di
Claudio. Si dice, infatti, che fu proprio Locusta a preparare il delizioso
piatto di funghi velenosi, che nel 54 d.C. diede la morte all’imperatore.
LA CANTARELLA= Quando si parla di
veleno, il pensiero corre subito ai Borgia (XV-XVI sec.). Il loro veleno
preferito era la cantarella, un composito letifero ottenuto miscelando
all'anidride arseniosa il liquido di putrefazione derivato dalla carcassa di
animali morti e infarciti di veleno. La cantarella era ottenuta anche dall'urina
di giovani uomini fatta depositare ed evaporare in un catino di rame, cui si
aggiungeva il micidiale arsenico fino a creare una polverina del colore e della
consistenza della farina, simile allo zucchero. Era un veleno atroce, incolore,
insapore ed inodore.
L’ACQUA DI TOFANA= Siamo nel 1654,
quando Giulia Tofana, cortigiana e fattucchiera palermitana, ideò quello che
sarebbe stato il veleno storico per tutto il Rinascimento: l’acqua di Tofana.
Ottenuta miscelando acqua bollente, anidride arseniosa, limature di piombo e
antimonio, si dice che l’acqua di Tofana diede la morte a circa 600 persone.
Nessun odore, nessun sapore, ma una sola avvertenza: la somministrazione alla
vittima prescelta doveva avvenire un po’ per giorno, attraverso un numero
preciso di gocce versate nel vino o nella zuppa. Si pensi addirittura che, pochi
mesi prima di morire (a 35 anni), Mozart confidò a sua moglie il sospetto
d’essere stato avvelenato con l’acqua tofana. Difatti si mise a letto il 20
novembre 1791, dopo esser stato assalito da febbre alta, dolori addominali e
vomito. Il 4 dicembre le sue condizioni peggiorarono improvvisamente e un’ora
dopo la mezzanotte, Mozart morì. Seppure le cause della sua morte non sono mai
state accertate, l’episodio è interessante perché comunque testimonia come tale
veleno fosse ancora in auge a distanza di quasi due secoli.
L’ACETO DEI PIDOCCHI= Giovanna
Bonanno divenne a Palermo avvelenatrice di professione quando, nel 1786, scoprì
per puro caso la pericolosità dell’”aceto per i pidocchi”, una soluzione di vino
bianco, aceto per uccidere i pidocchi e arsenico. Dal quel momento “la vecchia
dell’aceto” si servì di questo potentissimo veleno per aiutare le proprie
clienti, per lo più nobildonne, a liberarsi di amanti e mariti. Dell’aceto per
pidocchi, la Bonanno fece un vero e proprio business della morte.
PUDDING E MIELE= Siamo nel 1806 (U.K.-XIX
sec.) quando Mary Bateman (passata alla storia come “Yorkshire Witch”) convince
i coniugi Perigo che i sui magici budini e un cucchiaio di miele fossero la cura
perfetta contro i malanni di stagione. Peccato che i Perigo non fossero a
conoscenza dell’ingrediente segreto di Mary: arsenico.
Se leggendo questo articolo, vi sono saltate alla mente strane idee di vendetta,
vi consiglio di lasciar perdere intrugli e pozioni, e di dedicarvi alla
preparazione di una buona cenetta (da scegliere nel ricettario della
mamma/nonna) da condividere con i vostri familiari, perchè come diceva la
poetessa Alda Merini: “La miglior vendetta? La
felicità. Non c’è niente che faccia più impazzire la gente del vederti felice”.