POETI
Ascoltate "Nuvole" di Alda Merini
recitano gli alunni di 5^B
BEATRICE F. -ALESSIA -GIANLUCA -TAREQ -ANDREA -RICCARDO -GIULIA -VALERIA -FEDERICO -BEATRICE R. -CAMILLA -MANUEL -SERENA -FABIO -CRISTIAN -PATRIZIA -SALMA -DAVIDE - NICOLE -MICHELE
LE POESIE CELEBRATIVE:
LE ODI
ODE ALL'AUTUNNO
Autunno, con le tue foglie multicolori;
autunno, con le tue giornate uggiose;
autunno, con le grigie nebbie;
autunno, con la migrazione degli uccelli;
autunno: porti letargo e riposo a tutti.
L'anàfora (dal greco anaphorá, "ripresa") è una figura retorica che consiste nel
riprendere, ripetendola, una parola o un'espressione all'inizio di frasi o di versi
successivi, per sottolineare un'immagine o un concetto. L'effetto è tanto maggiore
quanto più numerose sono le ripetizioni.
ESEMPI FAMOSI
Don Abbondio stava su una vecchia seggiola, ravvolto in una vecchia zimarra, con in capo una vecchia papalina. (Manzoni) |
Per me si va nella città dolente, per me si va fra la perduta gente, per me si va ne l'eterno dolore (Dante) |
Sei nella terra fredda, sei nella terra nera (Carducci) |
La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone,
libertà è partecipazione. |
Addio monti sorgenti dall'acque,
.. addio (Manzoni) |
Laudato sii, mi' Signore |
ODE AL CARCIOFO
(Pablo Neruda)
Il carciofo
dal tenero cuore
si vestì da guerriero,
ritto, costruì
una piccola cupola,
si conservò
impermeabile
sotto
le sue squame...
CALCO: ODE ALl'anguria
(classe V B)
L'anguria
dal rosso cuore
si vestì
di uno spesso cappotto verde
tra la terra
arsa dal sole.
Tagli profondi
le incisero sorrisi
dolci, dissetanti,
bandiere di piena estate.
INNO ALLA VITA
(Madre Teresa di Calcutta)
La vita è bellezza, ammirala.
La vita è un’opportunità, coglila.
La vita è beatitudine, assaporala.
La vita è un sogno, fanne una realtà.
La vita è una sfida, affrontala.
La vita è un dovere, compilo.
La vita è un gioco, giocalo.
La vita è preziosa, abbine cura.
La vita è una ricchezza, conservala.
La vita è amore, donala.
La vita è un mistero, scoprilo.
La vita è promessa, adempila.
La vita è tristezza, superala.
La vita è un inno, cantalo.
La vita è una lotta, accettala.
La vita è un’avventura, rischiala.
La vita è felicità, meritala.
La vita è la vita, difendila.
SE FOSSI
(Giusi Quarenghi)
Se fossi cane farei pace col gatto
Se fossi gatto farei pace col topo
Se fossi leone farei pace con la gazzella
Se fossi lupo farei pace con l'agnello
Se fossi fuoco farei pace con l'acqua
Se fossi carta farei pace con le forbici
Se fossi me farei pace con te
Ma perché solo a me
tocca far pace
con chi è con me?
Non vale
Rosalba
(anonimo)
Rosalba, porti nel tuo nome il chiarore del mattino.
Rosalba, sei la luce che illumina il mio cammino.
Rosalba, la tua voce è una dolce sinfonia.
Rosalba, sono sempre in cerca della tua compagnia.
Rosalba, perché non credi nel nostro incanto?
Rosalba, a te dedico il mio accorato pianto.
S'i' fosse foco
sonetto d'inizio Trecento di Cecco Angiolieri
(contemporaneo di Dante Alighieri)
S'i' fosse foco, arderei 'l mondo;
s'i' fosse vento, lo tempesterei;
s'i' fosse acqua, i' l'annegherei;
s'i' fosse Dio, mandereil'en profondo
s'i' fosse papa, sarei allor giocondo,
che tutti i cristiani imbrigherei;
s'i' fosse 'mperator, sa che farei?
a tutti mozzerei lo capo a tondo
s'i' fosse morte, andarei da mio padre;
s'i' fosse vita, fuggirei da lui:
similmente faria da m' madre
s'i' fosse Cecco, come sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre,
e vecchie e laide lassarei altrui.
BIOGRAFIE e POESIE
Giosuè Carducci
(1835-1907)
BIOGRAFIA
Nacque in Toscana a Valdicastello (Lucca) il 27 luglio 1835.
I primi studi li fece sotto la guida del padre che esercitava la
professione di medico. Poi passò a Firenze e quindi a Pisa, dove si laureò in
lettere all’età di ventun anni. Dopo circa quattro anni iniziò ad insegnare
all’Università di Bologna, dove lavorò per oltre quarant'anni. Nel 1906 ebbe
l’onore di ricevere il premio Nobel per la letteratura.
Morì di polmonite il 16 febbraio dell'anno dopo a Bologna, all’età di 72
anni.
SAN MARTINO
di Giosuè Carducci
La
nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto
il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per
le vie del borgo
dal
ribollir de' tini
va
l'aspro odor de i vini
l'anime a rallegrar.
Gira su
ceppi accesi
lo
spiedo scoppiettando:
sta il
cacciator fischiando
su
l'uscio a rimirar
tra le
rossastre nubi
stormi
d'uccelli neri
com'esuli pensieri,
SPIEGAZIONE
L'atmosfera piena di brio del borgo è dovuta al giorno di San Martino (cioè l'11
novembre) in un paesino della Maremma (Bolgheri o Castagneto), poiché per le
vie si diffonde quell'odore aspro di vino e di carne che viene cotta sullo
spiedo, ma i pensieri dell'uomo sfuggono a quest'allegria e volano lontani
proprio come gli uccelli.
Questo giorno risulta di una certa importanza per gli agricoltori perché segna
la fine del lavoro nei campi e l'inizio del travaso del vino dai tini nelle
botti. All'allegria del borgo si contrappone quella tristezza del paesaggio
autunnale in quanto avvolto dalla nebbia.
PARAFRASI E FIGURE RETORICHE
La nebbia,
sciogliendosi in una lieve pioggerella, risale per le colline rese ispide (irti
colli, perché i loro alberi in autunno sono spogli e scheletrici) dalle piante
ormai prive di fogliame e, spinto dal vento freddo di nordovest (maestrale), il
mare in burrasca é bianco di spuma e rumoreggia frangendosi sulla scogliera (urla= personificazione del mare).
Ma (la congiunzione
avversativa serve per contrapporre al paesaggio desolato la vivacità del borgo
in piena attività) per le vie del piccolo paese contadino (borgo: Bolgheri il
paese dell'infanzia di Carducci) si diffonde, dai tini dove fermenta il mosto,
l’odore aspro del vino nuovo che rallegra i cuori (allitterazione
- la ripetizione del suono r nella seconda strofa - che le
conferisce un timbro festoso).
E intanto sulla
brace del focolare scoppiettano le gocce di grasso che cadono dallo spiedo su
cui cuoce la cacciagione; e il cacciatore se ne sta sull'uscio a guardare stormi
di uccelli che, a contrasto con le rosse (rossastre, per la luce del tramonto)
nubi, sembrano neri, come quei pensieri (similitudine:
uccelli-pensieri) che che si vorrebbe mandar via lontano (esuli..
migrar) al tramonto (vespero, l'ora del vespro, coincidente all'incirca con il
tramonto).
MAGGIOLATA
Con il componimento “Maggiolata”, ossia “cantata di maggio”, il poeta Giosuè Carducci, si ispira alla primavera inneggiandola a periodo in cui la natura si sveglia col sole a nuova vita. Si tratta di un inno alla primavera, all’amore e alla vita. Il mese di maggio, secondo lo scrittore porta con sé una nuova ventata di giovinezza, nonostante arrechi altresì anche cattive novelle.
Maggio risveglia i nidi,
maggio risveglia i cuori;
porta le ortiche e i fiori,
i serpi e l’usignol.
Schiamazzano i fanciulli
in terra, e in ciel li augelli:
le donne han nei capelli
rose, negli occhi il sol.
Tra colli prati e monti
di fior tutto è una trama:
canta germoglia ed ama
l’acqua la terra il ciel...
SPIEGAZIONE
Carducci ribadisce la sua visione ottimistica della vita in modo semplice e naturale. La natura che si risveglia sottolinea gli aspetti positivi della poetica carducciana.
Maggio è il mese in cui si risvegliano i cuori degli uomini, nascono e cantano gli uccelli dai nidi, sbocciano i fiori, ma è anche il periodo in cui crescono le ortiche ed i serpenti si svegliano dal loro letargo (simboli di sentimenti dolorosi e pensieri oscuri: gli aspetti negativi, in contrapposizione a quelli positivi, comunque non predominano mai sulla visione positiva che Giosuè Carducci ha della vita).
I bambini giocano all’aperto grazie al clima dolce e mite che lo consente e schiamazzano correndo contenti; si ode il cinguettio festoso degli uccelli nel cielo; le donne sembrano avere la luce del sole nei loro sguardi affascinanti e pieni di vita e si adornano i capelli con boccioli di rosa appena colti.
Le colline, i prati ed i monti rinverdiscono, sono lontani i tempi della stagione invernale, possiamo ammirare il tappeto di fiori, che la natura ci regala, simile ad un ricamo (trama), l’acqua dei torrenti gorgoglia. La terra, l’acqua ed il cielo, rinascono a nuova vita ed amano, perché la natura stessa risveglia l’amore che è insito in ogni cosa e contagia anche le persone portandole a provare quella gioia di vivere che si espande per tutto il corpo, attraverso la terra e si dilata fino al cielo.
PARAFRASI
Il mese di maggio (e quindi la primavera inoltrata) risveglia gli uccellini nei nidi
così come i cuori degli uomini;
fa crescere le ortiche e sbocciare i fiori,
torna a cantare l'usignolo e i serpenti si svegliano dal letargo.
I bambini gridano felici (giocando all'aperto, perché il clima lo consente),
gli uccelli nel cielo cantano festosi,
le donne si adornano i capelli di rose appena colte
e sembrano avere la luce del sole nei loro sguardi.
Sulle colline, nei prati e sui monti
si può ammirare un tappeto di fiori splendido come un ricamo (trama),
mentre gorgoglia e rinascono a nuova vita (la vita come atto d'amore)
l'acqua dei torrenti, la terra e il cielo.
GIOVANNI PASCOLI
31 dicembre 1855 - 6 aprile 1912
BIOGRAFIA
Giovanni Pascoli nacque a San Mauro di Romagna il 31 dicembre
1855. Da ragazzo studiò in collegio ad Urbino. Nel 1867 il padre, mentre tornava
a casa su un calessino trainato da una cavalla storna, rievocata in una poesia,
fu ucciso. Non si seppe mai chi fosse l’assassino ed il delitto rimase perciò
impunito. Poco dopo la morte del padre Giovanni Pascoli perse anche la madre,
due fratelli e una sorella: rimasto solo con le due sorelle Ida e Maria, cadde
nella miseria e nel dolore. Il poeta poté giungere alla laurea, grazie ad una
borsa di studio che gli permise di frequentare l’università di Bologna, dove
incontrò Giosuè Carducci, che diventò suo mentore (a lui è dedicato il racconto
"Ricordi di un vecchio scolaro"). Insegnò poi come professore di lettere,
arrivando ad occupare nel 1906 la cattedra che era stata del Carducci. Morì nel
1912 di cancro.
Le vicende tristissime della sua famiglia, a cui egli assistette da fanciullo,
lasciarono un solco profondo nel suo animo ed influirono sul suo carattere e
conseguentemente sulla sua poesia.
LA CAVALLA STORNA
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SPIEGAZIONE
Il poeta rammenta la tragedia della sua famiglia, quando
morì assassinato il padre.
Ci presenta sua madre che si reca nelle stalle a trovare
la cavalla storna che aveva riportato a casa il corpo del marito senza vita. La
donna parla alla cavalla, come se potesse capirla; le chiede anzi di parlare,
come se fosse un essere umano. Le dà una carezza sulla criniera e la cavalla
volge il capo verso di lei, attenta, come se ascoltasse.
La donna le parla come a un membro della famiglia, le
ricorda l'affiatamento che aveva col suo padrone, le ricorda i figli piccoli
rimasti orfani; poi vuole da lei una conferma. La famiglia Pascoli era convinta
di sapere chi fosse l'autore del delitto, anche se la giustizia umana non era
riuscita, o non aveva voluto trovarlo. La donna interroga la cavalla, che aveva
compiuto la pietosa opera di riportare a casa il suo padrone morente, e le
sussurra un nome, quel nome, il nome dell'assassino.
Nel silenzio l'animale fa risuonare un alto nitrito,
confermando i sospetti della donna e mostrandosi umanamente partecipe al dolore
dei suoi padroni.
BASE "IL PESCATORE"
Il pescatore (karaokeFabrizio De Andrè PFM ).mp3
La cavalla storna sulle note de
"IL PESCATORE" di
Fabrizio De Andrè
IL LAMPO E cielo e terra si mostrò qual era: A
la
terra ansante, livida, in sussulto;B s'aprì si chiuse, nella notte nera. A |
Metrica
Ballata piccola di endecasillabi.
Due strofe (un verso-strofa + una sestina)
Rima: rime libere (A;B;C;B;C;C;A)
E il cielo e la terra si mostrarono quali erano:
la terra ansimante, di un colore plumbeo, sconvolta;
il cielo denso di nuvole, cupo, a pezzi:
bianchissima nel silenzioso frastuono
una casa apparve-scomparve all’improvviso,
come un occhio che grande, atterrito,
si aprì - si chiuse, nella notte buia.
Questa poesia è collegata a “Il tuono” e anche a “Temporale”, con cui presentano molti elementi in comune, a cominciare dalla struttura metrica e dallo schema di rime, che sono identici.
Le poesie sono costruite su un avvicinamento di sensazioni: qui più visive; e nella poesia “Il tuono” essenzialmente uditive.
IL TUONO
E nella notte nera come il nulla,
a un tratto, col fragor d'arduo dirupo
che frana, il tuono rimbombò di schianto:
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,
e tacque, e poi rimareggiò rinfranto,
e poi vanì. Soave allora un canto
s'udì di madre, e il moto di una culla.
Metrica
Ballata piccola di endecasillabi.
Due strofe (un verso-strofa + una sestina)
Rima: rime libere (A;B;C;B;C;C;A)
Parafrasi
E nella notte buia
all'improvviso, con un frastuono simile a quello di una rupe che frana,
il tuono rimbombò, echeggiò, si ripetè in lontananza sordo,
e una pausa di silenzio, e poi di nuovo ritornò,
e poi sparì. Dolce allora un canto
si udì di una madre, e il movimento di una culla.
Anche noi come FIORELLO
1. San Lorenzo, io lo so perché tanto
2. di stelle per l’aria tranquilla
3. arde e cade, perché si gran pianto
4. nel concavo cielo sfavilla.
5. Ritornava una rondine al tetto :
6. l’uccisero: cadde tra i spini;
7. ella aveva nel becco un insetto:
8. la cena dei suoi rondinini.
9. Ora è là, come in croce, che tende
10. quel verme a quel cielo lontano;
11. e il suo nido è nell’ombra, che attende,
12. che pigola sempre più piano.
13. Anche un uomo tornava al suo nido:
14. l’uccisero: disse: Perdono;
15. e restò negli aperti occhi un grido:
16. portava due bambole in dono.
17. Ora là, nella casa romita,
18. lo aspettano, aspettano in vano:
19. egli immobile, attonito, addita
20. le bambole al cielo lontano.
21. E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
22. sereni, infinito, immortale,
23. oh! d’un pianto di stelle lo inondi
24. quest’atomo opaco del Male!
Parafrasi
San Lorenzo, io so perché un numero così
grande di stelle brilla e cade attraverso l’aria tranquilla, perché un pianto
così grande risplende nella volta del cielo. Una rondine stava ritornando al suo
nido: fu uccisa: cadde tra i rovi: aveva nel becco un insetto: la cena per i
suoi figlioletti. Ora è là, come se fosse in croce, che tende quel verme verso
quel cielo lontano; e i suoi piccoli sono nell’oscurità ad aspettarla, pigolando
sempre più piano. Anche un uomo stava tornando a casa: fu ucciso: disse: “Vi
perdono”; e nei suoi occhi sbarrati restò soffocato un grido: portava in regalo
due bambole… Ora là, nella casa solitaria, lo aspettano, lo aspettano
inutilmente: lui immobile, sbigottito mostra le bambole al cielo lontano. E tu,
Cielo, infinito, eterno, dall’alto dei mondi sereni, inondi di un pianto di
stelle questo corpuscolo senza luce caratterizzato solo dal male.
Giacomo Leopardi
Nasce a Recanati (Marche) nel 1798, da famiglia nobile. Primo di otto figli, Giacomo Leopardi cresce tra l'indifferenza del padre e l'eccessiva severità della madre. Trascorre tutta la fanciullezza tra i libri della vasta biblioteca paterna, formandosi sotto la guida di insegnanti privati e come autodidatta. A vent'anni Leopardi si innamora segretamente della cugina, ma contemporaneamente viene anche colpito da una grave malattia, che indebolisce per sempre il suo fisico. Qualche anno dopo supera malamente una grave malattia agli occhi. Non sopportando più la squallida vita di Recanati, tenta di fuggire a Milano, ma viene scoperto dal padre. Tornato a Recanati, annoiato dall'ambiente, matura un grande pessimismo nei confronti della realtà. Successivamente va a lavorare a Bologna. Soggiorna per breve tempo anche a Firenze, dove conosce Alessandro Manzoni (lo scrittore de "I PROMESSI SPOSI"). Intanto le sue condizioni fisiche si aggravano e decide di recarsi a Napoli, sperando di stare meglio grazie al clima più salubre. Muore a Napoli, il 14 giugno del 1837 a soli 39 anni.
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POESIA E MUSICA
OH! SUSANNA
Parafrasi
I soldati sono come le foglie in autunno.
Commento
Anche se la poesia è breve, Ungaretti riesce ad esprimere la condizione di
soldato. Egli paragona infatti il soldato ad una foglia d'albero in autunno:
basta un colpo di vento per far morire la foglia, così come basta un colpo di
fucile a far cadere il soldato.
La poesia è stata scritta nel 1918, ma il contenuto è riconducibile a TUTTE LE GUERRE e non unicamente alla Prima Guerra Mondiale.
GIUSEPPE UNGARETTI
(Alessandria d'Egitto 1888- Milano 1970)
Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d'Egitto, da genitori italiani. Il padre, operaio, morì due anni dopo la nascita del poeta in un incidente sul lavoro. La madre mandò avanti la gestione di un forno, con il quale garantì gli studi al figlio. L'amore per la poesia nacque durante questo periodo scolastico. Si trasferì poi a Parigi per svolgere gli studi universitari. In Francia Ungaretti perfezionò le conoscenze letterarie e lo stile poetico. Nel 1914 decise di partire volontario per la Grande Guerra. Finita la guerra, Ungaretti ritornò a Parigi e lavorò presso l'ufficio stampa dell'ambasciata italiana. Nel 1920 il poeta si sposò ed ebbe due figli, Anna Maria e Antonietto. Giunto in Italia nel 1921, aderì al fascismo: Mussolini stesso ha firmato la presentazione di una sua raccolta. Poco prima della seconda guerra mondiale, nel 1936, fu chiamato a insegnare lettere italiane all'Università di San Paolo, in Brasile. Dal 1942 insegnò letteratura italiana moderna all'Università di Roma. Morì improvvisamente a Milano a 82 anni.
STATI D'ANIMO DI DIDONE
Coro descrittivo III / XIX
Ora il vento s’è fatto silenzioso
E silenzioso il mare;
Tutto tace; ma grido
Il grido, sola, del mio cuore,
Grido d’amore, grido di vergogna
Del mio cuore che brucia
Da quando ti mirai e m’hai guardata
E più non sono che un oggetto debole.
Grido e brucia il mio cuore senza pace
Da quando più non sono
Se non cosa in rovina e abbandonata.
G. Ungaretti
ED È SUBITO SERA
Salvatore Quasimodo
Biografia
Nacque a Modica (Ragusa) nel 1901 e trascorse la sua infanzia in vari paesi
della Sicilia, seguendo il padre che faceva il capostazione. Poi visse a Roma,
dove studiò ingegneria, ma le precarie condizioni economiche e gli interessi per le lingue
antiche (latino e greco) lo
dissuasero presto da quel tipo di studi. Nel 1929 cominciò le sue pubblicazioni
poetiche. Nel 1940 pubblicò la sua mirabile traduzione dei Lirici Greci,
ottenendo tali consensi che nel 1941 fu chiamato a insegnare letteratura
italiana a Milano. Intanto, scoppiata la seconda guerra mondiale, il poeta ne fu
profondamente sconvolto.
Nel 1959 ricevette il premio Nobel per la letteratura.
Morì per un ictus in auto a Napoli nel 1968.
La poetica
L’esperienza poetica di Quasimodo si può suddividere in tre tappe essenziali.
La prima è rappresentata dalle poesie improntate ai
modelli più illustri del tempo, a partire da Giovanni Pascoli.
Temi salienti:
- l’amore per la propria terra;
- la malinconia;
- il ricordo dell’infanzia.
La seconda ha come esperienza essenziale
l’ermetismo.
La terza tappa si può considerare quella che
scaturisce dalla dolorosa esperienza della guerra.
Ed è subito sera
Ognuno sta solo sul cuore della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
“Ed è subito sera” è, senza dubbio, uno dei componimenti più brevi e allo stesso tempo famosi del poeta siciliano, rappresentativo come pochi altri della corrente ermetica. Scopriamo di più di questo componimento andando ad analizzare il testo della poesia (i versi di cui si compone questa poesia erano parte, in origine, di una poesia più lunga dal titolo "Solitudini"; per la precisione erano gli ultimi versi di questo componimento che, dopo una revisione accurata del testo, ha deciso di RIASSUMERE così).
Quasimodo in soli tre versi riesce a racchiudere tutto il significato dell’esistenza e a rendere, in modo poetico, tutte le riflessioni che vengono fatte sulla condizione dell’esistenza umana.
Parafrasi
Ogni uomo vive solo, credendo di essere al centro del mondo,
ed è colpito da un raggio di sole, luce che dà gioia, ma anche dolore.
Poi all’improvviso giunge la sera (la morte).
Ugo Foscolo
Nacque a Zante, un'isola greca del mar Ionio vicina al Peloponneso, da padre veneziano e madre greca. Abbandonò a quattordici anni la sua isola, quando la famiglia si trasferì a Venezia. Qui studiò e presto cominciò a scrivere e si fece una fama come poeta (una sua tragedia scritta all'età di diciannove anni fu rappresentata in teatro a Venezia). Quando Napoleone cedette la città di Venezia all'Austria, egli non si sentì più di continuare a viverci, né poté più apprezzare l'opera di Napoleone, che prima aveva ammirato molto. Partì e trascorse periodi a Milano, a Bologna, a Firenze. Ebbe molte e intense relazioni amorose, tutte concluse infelicemente. Lasciò infine l'Italia per trasferirsi in Inghilterra. Negli ultimi anni si trovò in gravi difficoltà economiche. Morì di idropisia vicino a Londra nel 1827, a soli quarantanove anni.
Anch'io come Fiorello...
LA CAVALLINA STORNA di Giovanni Pascoli
L'INFINITO di Giacomo Leopardi
X AGOSTO di Giovanni Pascoli
LAVANDARE di Giovanni Pascoli
PIANTO ANTICO di Giosuè Carducci
LA CAPRA di Umberto Saba
PARAGONI o SIMILITUDINI
(esercizi online)
DALLA PROSA ALLA POESIA
ACQUANUVOLA
Un giorno di tanto tempo fa una nuvola apparve nel cielo e
cominciò a piangere; un intero acquazzone innaffiò la terra tanto che si formò
un acquitrino dai contorni un po' buffi, che la gente ancora oggi chiama Acquanuvola.
Il tempo passò e dei pesciolini cominciarono ad abitare Acquanuvola; l'acqua era
calda, sembrava di trovarsi in un acquario. La vita sotto l'acqua era
tranquilla: un vero paradiso.
Un brutto giorno, però, cominciò a scendere dal cielo una leggera pioggerellina
che a poco a poco inquinò l'acqua. Tutti scapparono e Acquanuvola, rimasta sola,
decise di evaporare e di fare così ritorno dalla sua amica nuvola.
Insieme con l'amica se ne andò in giro. Trovato un bel posto, Acqua
precipitò un'altra volta al suolo, formando un grazioso lago di acqua dolce.
Pure là la gente lo iniziò a chiamare Acquanuvola.
Ma un brutto giorno, però, capitò di nuovo che l'acqua pura s'inquinò. Tutti
scapparono e Acquanuvola evaporò, ritornando ancora dalla sua nuvola.
POESIA E MUSICA
Un giorno una nuvola a pianger cominciò
e un forte acquazzone la terra innaffiò
un buffo acquitrino pian piano si formò
la gente tuttora lo chiama…
ACQUANUVOLA.
Col tempo i pesciolini lo abitarono
l’acqua era calda come in un acquario
la vita subacquea tranquilla continuò
un paradiso per tutti…
ACQUANUVOLA.
RIT.: Ma un brutto giorno
un’acquerugiola iniziò
ad inquinare l’acqua pura ohibò
tutti scapparono
e Acquanuvola evaporò
e con la nuvola… ritornò.
la gente iniziò a chiamarlo
ACQUANUVOLA.
RIT.: Ma un brutto giorno
di nuovo capitò
che l'acqua pura lentamente s'inquinò
tutti scapparono
e Acquanuvola evaporò
e con la nuvola… ritornò.
DALLA POESIA ALLA PROSA
Son morto con altri cento
son morto ch'ero bambino
passato per il camino
e adesso sono nel vento.
Ad Auschwitz c'era la neve
il fumo saliva lento
nel freddo giorno d'inverno
e adesso sono nel vento.
Ad Auschwitz tante persone
ma un solo grande silenzio
è strano non riesco ancora
a sorridere qui nel vento.
Io chiedo come può l'uomo
uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni
in polvere qui nel vento.
Ancora tuona il cannone
ancora non è contento
di sangue la belva umana
e ancora ci porta il vento.
Io chiedo quando sarà
che l'uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare
e il vento si poserà.
I TESTI E LA POESIA VISIVA: I CALLIGRAMMI
PACE E AMORE